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La rivoluzione della plastica è lontana e oggi si guarda alle conseguenze dell’entusiasmo di un tempo per la diffusione di un materiale tanto resistente ed economico quanto “pericoloso”. L’errore però è criminalizzare la plastica, quando sotto accusa dovrebbe essere il suo uso indiscriminato. Il cattivo impiego del materiale, sin dai primi anni del suo ingresso nel mercato, ha portato ai disastri ecologici cui oggi porre rimedio non è facile.

I Duemila sono gli anni della nuova frontiera della tecnologia, del riciclo (gli oggetti in plastica devono essere prodotti con parsimonia, poter essere usati e riusati, gettati via il meno possibile) e della scoperta di alternative al petrolio. La decarbonizzazione dei materiali è l’obiettivo dei ricercatori di tutto il mondo. Si percorre la via del reintegro, nel ciclo della vita, dei cosiddetti elementi di scarto. C’è tutto un universo in fermento attorno alle scorie, oggi preziose come le materie vergini.

Chi ha un ruolo di primo piano nel ridare vita all’usato o nell’individuare le proprietà di sostanze e materiali di risulta sono i biotecnologi.

Avete presente l’organico che si produce anche cucinando? Quei sacchetti che finiscono negli impianti di compostaggio e poi nelle mani dei coltivatori, quindi nuovamente nella terra, dove diventano fertilizzante efficace oltre che ecologico? Bene, i sacchetti che contengono l’umido potrebbero trasformarsi in altro ancora. Anzi, succede già. Il loro contenuto diventa combustibile per certi macchinari. Energia vitale. Dai vegetali e dagli scarti dell’industria agroalimentare nascono inoltre le bioplastiche.

Per produrle servono i bioreattori; in Italia se ne fabbricano e se ne esportano in tutto il mondo. L’incontro di un particolare tipo di bioreattore con le alghe ha prodotto, di recente, un nuovo modello di sci. La notizia ha riempito i giornali anche perché gli oggetti in questione hanno ricevuto un premio all’Ispo 2021. La fiera di articoli sportivi più importante dell’anno ha consegnato le microalghe trasformate in sci al mercato internazionale: un’azienda statunitense si è infatti precipitata a brevettare questi particolari articoli per sciatori responsabili.

Non gli unici sportivi che possono contare sull’ingegno dei ricercatori, esistono anche i surf ottenuti dalla canapa. Siamo ancora agli albori di questo genere di produzione, spesso servono ancora piccole quantità di plastica tradizionale per ottenere una buona tavola da surf o un paio di sci. Ma la strada è quella giusta e presto questi e altri oggetti saranno totalmente plastic free.

La canapa, per esempio, si presta ad usi molteplici. E sono in corso ricerche mirate su altri vegetali, i quali potrebbero diventare oggetti o sostanze utili in determinati processi produttivi. Lo studio più stravagante? Forse quello sul cardo, condotto da Cnr, Università degli Studi di Napoli e consorzio Italbiotec. Il futuro è nelle mani di ciascuno di noi. Differenziamo i rifiuti. Niente si distrugge, tutto si trasforma.