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I disastri naturali legati al cambiamento climatico potrebbero portare duecento milioni di persone ad abbandonare le loro case, quindi la loro terra, entro il 2050. 

I luoghi che, secondo le stime, resterebbero spopolati si trovano in Asia, Africa centrale e nel bacino del Rio delle Amazzoni. Molly Burhans, giovane attivista newyorkese impegnata nella difesa dell’ambiente, ha avuto un’intuizione e ha bussato alle porte del Vaticano per farsi ascoltare. È riuscita persino a incontrare Papa Francesco.

Burhans, classe 1989, è una cartografa con alle spalle già diversi anni di ricerche e attività. Al suo lavoro ha assegnato un ruolo ben più ampio di quello tradizionalmente riconosciuto: non si tratta “soltanto” di raccogliere dati geografici, statistici, economici, politici e culturali al fine di disegnare cartine (oggi lo si fa utilizzando le moderne tecnologie, tra le quali i software ESRI), ma anche di impiegare gli stessi per costruire un “racconto”. Il cartografo si trasformerebbe quindi in uno storyteller. Un concetto che fiorisce nel modus operandi della giovane studiosa.

L’esperienza di Molly Burhans è ben riassunta in un articolo di David Owen apparso, qualche giorno fa, sul New Yorker. Da convinta cattolica, e grazie alle sue competenze, l’ambientalista ha osservato che se la Chiesa cattolica fosse un Paese, sarebbe il terzo più popoloso del mondo, dopo la Cina e l’india. Sulla scia di questa conclusione ne sono arrivate altre, come quella che vede unite tutte le proprietà “cattoliche” sparse nel mondo (circa duecento milioni di ettari di terra, nelle stime della cartografa statunitense), a costituire una sorta di “reame” del Vaticano. In virtù di questo, la Chiesa avrebbe, secondo Burhans, i mezzi per affrontare le questioni climatiche direttamente. 

“Non c’è modo per l’uomo di vincere la grande sfida del climate change, senza il coinvolgimento diretto dei beni ecclesiastici”. Apprezzando l’enciclica Laudato si’ di Papa Francesco, Molly Burhans è giunta tuttavia alla conclusione che la Chiesa avrebbe bisogno di una rete ecologista attiva.  

Nel 2015 la giovane studiosa ha fondato GoodLands, un’organizzazione la cui missione è la mobilitazione degli ecclesiastici all’esercizio del “buon uso dei possedimenti cattolici”. Con un team di volontari, la cartografa ha avviato un programma di documentazione delle attuali proprietà ecclesiastiche; poi ha cominciato a contattare le parrocchie a lei più vicine, scoprendo che la maggior parte dei parroci e dei vescovi non sapeva di possedere dei beni. “Molte chiese non hanno neanche degli archivi, con registri cartacei”. Con l’aiuto dei suoi assistenti volontari Molly Burhans si è messa a catalogare ogni possedimento, utilizzando i registri pubblici e qualsiasi altra fonte. Tutto per tracciare una cartina dell’attuale “regno cattolico”. Il Vaticano non ha nemmeno un dipartimento cartografico, ha fatto rilevare Burhans. Dopo la pubblicazione dell’Atlante Hierarchicus, la Chiesa ha cominciato a perdere traccia dei suoi possedimenti. 

Un duro lavoro quello di GoodLands, portato avanti con sacrificio, quasi senza guadagni. Eppure, la giovane era persino riuscita a incontrare Papa Francesco e altre importanti personalità del Vaticano, rimaste affascinate dalle sue mappe. Poi il Covid ha fermato tutto. Ma l’attivista non si arrende, spera che prima o poi il suo lavoro possa rappresentare uno stimolo, per le alte cariche cattoliche, alla conoscenza, alla consapevolezza circa i mezzi materiali che potrebbero essere a disposizione della causa ambientalista. La vita di Molly è un esempio di dedizione e impegno civico, attraverso la passione trasformata in lavoro. 

Per leggere il lungo articolo di David Owen How a Young Activist Is Helping Pope Francis Battle Climate Change | The New Yorker.