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Si chiama Asimov (come lo scrittore russo padre della letteratura fantascientifica), e promette di rivoluzionare il mondo del giornalismo. Il software ha fatto guadagnare alla startup che l’ha sviluppato, l’Asc27, il primato europeo (nel mondo delle imprese tech), al World Artificial Intelligence Congress di Shanghai. In quella occasione, la startup è risultata tra le migliori dieci del mondo. Il campo d’azione è quello dell’intelligenza artificiale, la caparbietà però è tutta umana. Quella che ha permesso a Nicola Grandis, amministratore delegato e proprietario della startup, e ai suoi collaboratori di lanciare l’idea in piena pandemia, esattamente durante il primo durissimo lockdown del 2020.

Tra i tanti lavori realizzati da Asc27 o in fase di realizzazione, Asimov è senza dubbio quello che ha una maggiore capacità d’attrazione, forse perché investe l’ambito giornalistico, negli ultimi anni alla ricerca di un nuovo linguaggio, una nuova identità. Stare al passo con i social non può significare rifletterne le caratteristiche o, peggio, inseguirli (eventi che purtroppo si verificano con frequenza preoccupante).

Come Grandis spiega, Asimov supporta sia il singolo redattore, sia il lavoro in redazione, in una serie di attività diverse. Il programma è stato sviluppato con l’aiuto degli stessi giornalisti. L’intelligenza artificiale dovrebbe essere, nel caso del software di Asc27, una sorta di mano che guida quella del redattore, aiutandolo a comprendere cosa pubblicare e in che modo. Così definito, l’obiettivo del software non può che suscitare preoccupazioni e interrogativi. Una macchina che aiuti a capire cosa pubblicare fa pensare ad uno strumento capace di fiaccare quella che dovrebbe essere la qualità precipua del giornalista: l’autonomia.

Ma la prospettiva dalla quale analizzare il lavoro di Asimov non è questa. Elencando in modo semplicistico le sue caratteristiche si rischia di banalizzare le sue funzioni. L’intelligenza artificiale aiuta il giornalista a non cadere nelle trappole che, ad esempio, la memoria gli tende costantemente. Una rivista o un quotidiano che installino il software guadagnano una capacità “archiviale” straordinariamente grande, in grado di escludere la fallibilità mnemonica. Il programma infatti incamera tutto quello che è stato pubblicato fino a quel momento: anni e anni di pezzi. Il software a questo punto elabora lo stile della rivista, lo fa proprio ed è capace di riprodurlo. Asimov attinge alle banche dati, quelle che tutti i giornali si contendono, e confeziona articoli secondo lo stile dei precedenti, di quelli contenuti nell’archivio di redazione, precedentemente “ingoiato”.

Insomma, il software che potrà creare articoli base che assumeranno forme diverse a seconda del tipo di lettore cui sono destinati, può essere un ottimo mezzo di lavoro. Aiuterebbe i giornalisti a velocizzare le ricerche, a produrre più materiale in meno tempo, a raggiungere il maggior numero di lettori. Senza dubbio sarebbe utile nel caso della stesura di contenuti di pubblicità redazionale o del cosiddetto lavoro di desk. Nell’economia dei grandi network l’innovazione sarà colta al volto. Eppure, più di qualche domanda affiora alla mente, circa il futuro del lavoro di redazione, così incerto e denso di nuvole, Asimov a parte. 

Certamente nessun modello, per quanto sofisticata l’intelligenza artificiale sia, potrà rappresentare quel genere di rivoluzione della quale il giornalismo ha oggi un gran bisogno. Raccontare i fatti, osservandoli direttamente, adottando un metodo che sia il più scientifico possibile, cercando di coglierli nella loro evoluzione e nella loro autenticità, nel bene e nel male. Questo è il mestiere del giornalista. Saranno in grado i giovani tirocinanti di porgere la realtà ai lettori, magari con l’aiuto di un robot, senza tuttavia lasciarsi tentare dalla comodità di cedere agli algoritmi, affidando quindi a una macchina la capacità di catturare e far arrivare il messaggio a chiunque voglia leggerlo? Sarà Asimov o chi per lui in grado di non ridurre gli articoli a prodotti da scaffale più di quanto molti di essi non lo siano già?